*RIFLESSIONI IN
QUARANTENA DA 1
GIOVANNI 3:11-24 – 4:7-21
AMARE^
Che cosa significa “amare”? La domanda può
apparire persino banale perché tutti pensiamo di saper rispondere facilmente;
chi di noi non ha mai amato qualcuno? I nostri genitori fin da piccoli, poi gli
amichetti del cuore, poi la/il fidanzatino, poi la moglie e il marito, e poi
ancora i figli, per non citare che la più stretta cerchia dei nostri affetti.
Quindi tutti pensiamo di poter dire con sicurezza di aver amato e di amare
qualcuno nella nostra vita. Tuttavia, il Signore Gesù Cristo ci fa un’altra domanda;
quella che già fece duemila anni fa a Pietro: “Mi ami tu”?
Certo quello che legava Pietro al Signore
non era un amore carnale o parentale, ma poiché la fatidica domanda fu rivolta
a Pietro dopo il suo triplice tradimento, non era nemmeno scontata la risposta,
salvo ricadere in un’evidente ipocrisia. Pietro però (così come tutti noi
peccatori che di continuano ricadiamo nel nostro peccato di rinnegare Gesù con
le nostre azioni), si rende conto che soltanto l’amore del Signore può davvero
rispondere a quella domanda in senso positivo.
Sarà l’Apostolo Giovanni ad arrivare al
nocciolo della questione, quando afferma: “Noi amiamo perché Egli
ci ha amati per primo”, poiché la nostra capacità di amare è nulla, è imperfetta, se non
impossibile, se non fosse che Dio Padre ci ha tanto amati, al punto da dare il
suo unico figliolo in sacrificio per noi, per la nostra salvezza.
Dal grande amore di Dio per noi uomini,
discende la nostra capacità di amare a nostra volta, anche coloro che non
sarebbe umanamente possibile amare, quali i nostri nemici e coloro che ci hanno
fatto del male.
Da questo amore che Dio ci chiede per gli
altri, quegli altri che nessuno sarebbe mai in grado di amare, comprendiamo che
soltanto l’amore di Dio può compiere questo prodigio: non siamo noi che
amiamo il nostro prossimo, ma è Dio che ama attraverso di noi.
Ma affinché questo avvenga è necessario
che prima noi ci lasciamo amare dal Signore, ovvero che noi non opponiamo più
nessuna resistenza egoistica a che lui prenda il timone della nostra vita e la
conduca nel porto sicuro della sua salvezza attraverso il mare tempestoso di
questo mondo.
Per noi non c’è possibilità di farcela da
soli; nessuno con le sole proprie forze è in grado di amare Dio con
tutto sé stesso e il prossimo suo come sé stesso. Quest’impresa sovrumana può
essere compiuta soltanto quando noi ci mettiamo interamente nelle mani di Dio.
Senza lo Spirito di Dio che agisce in noi
e attraverso di noi, il nostro amore è soltanto una parola vuota che si perde,
e perde potenza, non appena esce dalla nostra bocca. Quando a parlare è il
nostro orgoglio, il nostro amore prima si gonfia d’orgoglio e poi viene meno
alla prova dei fatti. “Non amiamo a parole né con la lingua, ma
con i fatti e in verità”, ci raccomanda Giovanni, perché quello non è amore,
ma soltanto un pallido riflesso di esso, con il quale ci illudiamo di ingannare
Dio e il nostro prossimo.
Forse possiamo anche ingannare
per un po' il nostro prossimo presentandoci al mondo come dei benefattori: “se
qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede suo fratello nel bisogno e
non ha pietà di lui, come potrebbe l'amore di Dio essere in lui?”, ci dice ancora Giovanni.
Possiamo sì compiere piccole o grandi opere di carità davanti agli occhi del
mondo per essere lodati dagli uomini, ma con questo nostro agire non possiamo
certo ingannare Dio, che per amore ha donato a tutti i suoi figli di accedere
alle risorse del Creato affinché nessuno manchi di nulla: “Ecco
quello che il SIGNORE ha comandato: "Ognuno ne raccolga quanto gli basta
per il suo nutrimento: un omer a testa, secondo il numero delle persone che
vivono con voi; ognuno ne prenda per quelli che sono nella sua tenda"(16:16)
Quando è noto che gli attuali 26 uomini
più ricchi del mondo posseggono beni quanto i 3.800.000.000 di uomini e donne
più poveri, possiamo ben capire come l’amore di Dio non abiti in questi 26
uomini, per quanto possano dimostrarsi generosi verso il resto della
popolazione mondiale, attraverso donazioni ed opere sociali, poiché essi hanno
raccolto molto di più di quanto spettava loro e la loro pretesa generosità è
soltanto un restituire una piccola parte di ciò che hanno ingiustamente
raccolto (rubato) agli altri figli di Dio.
Questo esempio però, è soltanto per dire a
ciascuno di noi, che dove non arriva l’amore di Dio a toccare il cuore di un
uomo, là il maligno alberga, e alberga abbondantemente; ciascuno di noi, quando
ci chiudiamo in noi stessi e non apriamo a Dio il nostro cuore, non permettiamo
a che il suo amore ci raggiunga e ci cambi, e quindi ci renda a nostra volta in
grado di amare il nostro prossimo.
Ma come possiamo amare Dio? Se è difficile
persino amare chi vediamo e tocchiamo, come possiamo amare sopra ogni cosa
qualcuno che non vediamo e non possiamo toccare?
A questo domanda non esiste che una
risposta: ancora una volta non cerchiamo noi di amare Dio con le nostre
forze, perché sarebbe inutile, ma lasciamo che sia lui ad amare noi!
Si, l’incontro tra l’uomo e Dio può
veramente avvenire soltanto quando noi deponiamo il nostro IO carnale per
accettare che il suo Spirito Santo dimori in noi; la “nuova nascita” di cui ci
testimoniano chi prima di noi ha compiuto questo passo fondamentale: “chi vuole venire dietro me, rinunci a sé stesso, prenda la sua croce e mi
segua”, quella è l’unica via per lasciarsi amare da Dio come lui gradisce.
Noi arriviamo ad amare veramente Dio solo
quando riconosciamo di non poter fare nulla da soli, di essere inadeguati, di
essere dei peccatori che stanno affogando e ci abbandoniamo nelle sue amorevoli
mani di Salvatore!” fino ad allora l’ego del nostro Io ci impedirà sempre di
lasciarci amare da Lui, perché vorrà sempre attribuire le buone opere che
compiamo, o che cerchiamo di compiere, al nostro agire amorevole verso Dio e
verso il prossimo, anziché riconoscere a Dio solamente questo onore.
Chi dona qualcosa ad un fratello
bisognoso, lo faccia nel nome del Signore dicendo: “non sono io che ti do questo, ma è il Signore che lo fa; io non sto che
ubbidendo ad un suo preciso ordine, non ringraziare me, ma lui solo!” Questo in verità
dovremmo sempre dire quando compiamo un gesto caritatevole verso il prossimo,
invece di lasciare intendere che siamo noi, con la nostra generosità e il
nostro amore, a fare questo.
L’amore di Dio ci insegna prima di tutto a
dare gloria al suo nome e non a gratificare il nostro ego; da questo chi ci
osserva comprenderà se veramente siamo servi di Dio o se serviamo noi stessi.
Il Signore si aspetta da noi un cuore
ardente di affetto, senza calcolo e secondi fini. Questo deve avvenire in ogni
circostanza della nostra vita; anche quando sopraggiungono i problemi. Se anche
in questi frangenti il nostro amore per Gesù rimane intatto, vuol dire che noi
ci siamo messi nelle sue mani e riceviamo forza da lui (come i tralci attaccati
alla vite). Chi ama Gesù cerca, come lui, il bene degli altri, riversando
l’amore ricevuto sui fratelli e le sorelle. Così che dal nostro amore per il
Signore si manifesta anche l'obbedienza alla sua Parola e la piena comunione
con lui, come ancora ci dice Giovanni: “Nell'amore non c'è
paura; anzi, l'amore perfetto caccia via la paura, perché chi ha paura teme un
castigo. Quindi chi ha paura non è perfetto nell'amore”, ma chi ama pienamente
non teme più nulla perché l’amore di Dio ci preserva da ogni male, passato, presente
e futuro. AMEN
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