sabato 20 giugno 2015
La pagliuzza e la trave - Matteo 7:3-5
“Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo? O, come potrai tu dire a tuo fratello: "Lascia che io ti tolga dall'occhio la pagliuzza", mentre la trave è nell'occhio tuo? Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall'occhio di tuo fratello”.
Verso la fine del 1800 l’astronomo più illustre del mondo, Sir Percival Lowell, statunitense, era certo che vi erano canali su Marte. Con il suo telescopio gigante in Arizona, osservava Marte, e vedeva dei canali. Egli era convinto che questi fossero la prova di vita intelligente sul pianeta rosso, forse una razza più antica, ma più saggia di umanità. Le sue osservazioni avevano guadagnato ampia accettazione e nessuno osava contraddirlo. Da quel momento le sonde spaziali hanno orbitato Marte e sono sbarcate sulla sua superficie. L'intero pianeta è stato mappato e nessuno ha mai visto un canale. Si scopri poi che Lowell soffriva di una rara malattia degli occhi per cui gli faceva vedere i vasi sanguigni nei suoi stessi occhi! Quindi i "canali" di Marte che vedeva non erano altro che le vene sporgenti dei suoi stessi occhi, la malattia oggi nota come "sindrome di Lowell ", il suo stesso nome.
Come Lowell non era in grado di studiare e quindi giudicare rettamente il pianeta Marte perché aveva un problema nei suoi occhi, così noi non possiamo aiutare a togliere la pagliuzza nell’occhio dell’altro se noi abbiamo una trave nel nostro!
In parole povere, noi non siamo in grado di giudicare gli altri in nessun caso !
Gesù nei versetti precedenti esorta a non giudicare gli altri affinché non siamo giudicati ovviamente da Dio.
“Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell'occhio tuo?”
La parola "perché" all'inizio di questo versetto introduce la causa, quindi per quale motivo si giudica gli altri!
Dalla favola di Fedro, AUTORE DI SCRITTI IN LATINO; Il saggio re degli dei, Giove, mise sulle spalle degli uomini, due grandi bisacce. Una poggiava sul petto e una invece poggiava sulla schiena. Le bisacce erano pesanti e ingombranti e l’uomo doveva portarsele addosso per tutta la vita. Ma non erano bisacce reali, erano invece metaforiche. Avevano un significato profondo e attualissimo. La bisaccia che pendeva sul davanti, sul petto e che l’uomo poteva agilmente e continuamente vedere era colma di tutti i vizi degli altri uomini, invece quella posta sulla schiena era piena dei suoi vizi. Spesso accadeva che l’uomo volesse sbirciare il contenuto delle bisacce. Ma non riusciva a vedere il contenuto della bisaccia posta sulla schiena colma dei suoi difetti, mentre vedeva benissimo quello all’interno della bisaccia posta sul suo petto, piena dei difetti altrui.
Quindi, se qualcuno sbagliava se ne accorgeva subito e lo criticava severamente, mentre non vedeva i suoi errori.
”La natura umana ci incoraggia a prestare molta più attenzione alle carenze di altri che alle nostre colpe. Tendiamo a valutare gli altri sulla base di uno standard alto di giustizia che in qualche modo non è applicabile alle nostre prestazioni”.
Molte volte si giudica gli altri secondo un certo metro di misura di giustizia che non siamo nemmeno noi in grado di realizzare nella nostra vita!
Si ha la tendenza a preoccuparsi di quello che fanno tutti gli altri e a giudicarli senza considerare quello che stiamo facendo noi stessi!!
Siamo molto più rapidi e acuti a giudicare i piccoli errori e i difetti degli altri, piuttosto che a farci un’ auto-analisi e a condannare i nostri grandi errori, difetti e peccati.
Questa è ipocrisia, si desidera correggere gli altri con un atteggiamento ipercritico, ma trascuriamo i nostri difetti!!
L'accusatore non può aiutare qualcun altro perché la sua visione spirituale è compromessa dalla trave nel proprio occhio!!
Succede così! Molti sono pronti a criticare gli altri su questioni di poca importanza, ma trascurano peccati seri che loro stessi hanno!
Un esempio dell’Antico Testamento della pagliuzza e la trave si trova quando il re Davide nel punto più basso moralmente nella sua vita, prese la moglie di Uria, Betsabea e commise adulterio con lei.
Quando Betsabea rivelò a Davide che era incinta, Davide tramò di uccidere Uria.
Il Signore allora, mandò Natan da Davide e gli raccontò la storia di un uomo ricco con enormi greggi di pecore che vivevano accanto a un uomo povero.
Il poveretto aveva solo una piccolina agnellina che amava come una figlia, ma l'uomo ricco, la prese e la cucinò per un suo ospite.
Davide era furioso e voleva sapere chi fosse costui, poi che quell’uomo doveva morire e doveva pagare quattro volte il valore dell’agnellina.
Natan, disse a Davide: “tu sei quell’uomo”!
Davide guardò la pagliuzza nell’altro, ma non la trave nell’occhio suo! (2 Samuele 12:1-7).
Questa forma interrogativa implica che l’azione di togliere la pagliuzza è davvero una cosa impossibile per la trave che nel proprio occhio! Gesù sta attirando l'attenzione su una caratteristica particolare e curiosa del genere umano in cui una profonda ignoranza di se stessi è spesso combinata a un’arrogante presunzione di conoscenza di altri, in particolare delle loro colpe.
Prima di aiutare gli altri, dobbiamo affrontare i nostri peccati, le nostre pagliuzze! Le nostre travi!
“Ipocrita” una parola che Gesù usa generalmente per caratterizzare gli scribi e i farisei del suo tempo (Matteo 5:20; -- 6:2,5,16; 15:1,7; 23:13); questi pensavano di essere giusti e disprezzavano tutti gli altri (Luca 18: 9).
Quindi, Gesù si riferisce a coloro che hanno un atteggiamento farisaico!
Per coloro, cioè che sono ipercritici e giudicano gli altri, ma non guardano dentro loro stessi.
L'essenza dell’ipocrisia è quello di giudicare altri e non di giudicare se stessi onestamente.
“Ipocrita” si riferisce a colui, o colei che compie atti esterni di giustizia, ma maschera, anche a se stesso, la propria corruzione interiore.
L’ipocrita è uno che indossa una maschera, un attore che nasconde la sua vera natura, o che è cieco alle proprie colpe.
In questo caso, l'ipocrita pensa di poter vedere chiaramente il peccato di un altro e lo sta condannando davanti a Dio, tuttavia, egli non ha visto il proprio peccato.
Gli ipocriti sono duri e aspri verso gli altri.
Noi non siamo giudici degli altri, perché siamo anche noi peccatori.
Non possiamo guardare i peccati degli altri con il microscopio, e guardare i nostri dalla parte sbagliata del binocolo, dalla parte, cioè che si vede piccolo e lontano!
L’ipocrita usa forti termini per il peccato di qualcun altro, ma nomi alternativi miti per le proprie colpe per giustificarsi.
L’ipocrita censura un piccolo difetto in un'altra persona e convenientemente dimentica le grandi lacune che ha in se stesso.
Ha la tendenza a evidenziare e a volte a esagerare i difetti degli altri e minimizzare la gravità dei propri peccati.
Quando si parla dei difetti degli altri si parla in termini di peccato, mentre per i propri usiamo eufemismi!
È da ipocriti preoccuparci dei peccati degli altri e trascurare i propri che molte volte sono più gravi!
I credenti devono prima affrontare i propri peccati, ma anche devono correggere e guidare i fratelli che peccano.
In Matteo 18:15 è scritto: “Se tuo fratello ha peccato contro di te, va' e convincilo fra te e lui solo. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello
Luca 17:3 dice: “State attenti a voi stessi! Se tuo fratello pecca, riprendilo; e se si ravvede, perdonalo”.
In Galati 6:1-2 leggiamo: “Fratelli, se uno viene sorpreso in colpa, voi, che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine. Bada bene a te stesso, che anche tu non sia tentato. Portate i pesi gli uni degli altri e adempirete così la legge di Cristo”.
Quindi Gesù non sta dicendo che non dobbiamo correggere i peccati degli altri, ma prima di farlo di esaminarsi onestamente per vedere se c’è “una trave” nel nostro occhio!
Martyn Lloyd-Jones medico pastore Gallese scrive: “La nostra condizione è tale da renderci del tutto incapaci di aiutare gli altri. Ci diciamo sinceramente preoccupati per gli altri, per i loro difetti, e diamo l’impressione di avere a cuore solo il loro bene. Diciamo di essere dispiaciuti per quel loro piccolo difetto, di volerli aiutare a liberarsi della pagliuzza che irrita il loro occhio. Il Signore, però, ci dice che non siamo in grado di farlo, perché il processo è delicatissimo. La trave che abbiamo nel nostro occhio ci rende incapaci di farlo”. “La trave spesso è il cattivo consigliere che ci gira intorno in altre vesti ma, è come il leone ruggente. Ma la trave ci impedisce di capire.
Se noi non affrontiamo onestamente i nostri peccati e li confessiamo, se non tiriamo la trave dal nostro occhio, siamo ciechi e quindi non possiamo vedere e capire abbastanza chiaramente per liberarcene e quindi poi aiutare gli altri.
“L’errore dell’ipocrita non è nella sua diagnosi, ma nel non saper applicare a se stesso la critica che tanto meticolosamente rivolge al suo fratello o sorella ”
Martyn Lloyd-Jones riguardo questi versetti, riguardo chi giudica e ciò che il Signore vuole dimostrare scrive ancora: “ Prima di tutto fa notare che quando giudichiamo, noi non abbiamo affatto a cuore la giustizia e la santità, altrimenti le metteremmo in pratica nella nostra stessa vita. Noi vorremmo auto-convincerci che abbiamo sinceramente a cuore la verità e la giustizia, che questo è il nostro unico interesse. Diciamo di non voler essere ingiusti con la gente, che il nostro intento non è di criticare le persone, ma di sostenere la verità. Il Signore ci risponde, però, che se avessimo a cuore la verità, giudicheremmo prima di tutti noi stessi; ma siccome non lo facciamo, è evidente che il nostro vero interesse è un altro”.
Gesù si riferisce alle persone che giudicano e lo fanno non per sostenere i principi, ma per colpire le persone per tornaconti propri!
Il Signore qui condanna l’atteggiamento che giudica duramente, ipocritamente, senza pietà, senza amore, come anche il passo parallelo indica (Luca 6:36-37).
Questo passaggio riguarda le relazioni nella comunità e può essere considerato come un’espressione dell'etica d'amore che è la sintesi della legge e dei profeti ( Matteo 7:12; 22: 9-40).
La procedura per la rimozione di una pagliuzza da un occhio è molto difficile e delicata. Non c'è nulla nel corpo umano più sensibile dell'occhio; nel momento che lo tocchiamo, si chiude.
Questo richiede dolcezza, prudenza, pazienza ed empatia per l'altra persona.
Nel regno spirituale, la cura è ancora più delicata, perché noi stiamo maneggiando l’anima, la parte più sensibile di un essere umano.
Anche se i discepoli non possono evitare le riprensioni, le esortazioni e gli ammonimenti, questi devono essere fatti senza giudicare (cioè avere un senso di superiorità) e con amore.
Devono guardare al fatto che sono peccatori anche loro che sono stati perdonati a sua volta da Dio, consapevoli di questo saranno mansueti e amorevoli nell’aiutare gli altri peccatori a crescere spiritualmente e moralmente. I veri discepoli non si giudicheranno l'un l'altro in modo inappropriato, perché hanno sperimentato la misericordia e il perdono di Dio e così si estenderà ad altri la stessa misericordia e il perdono di Dio.
Gli fu detto in una occasione al pastore James Montgomery Boice: "Se il diavolo non è in grado di distruggere la testimonianza del cristiano facendolo apatico, egli cercherà di farlo, facendo di lui un fanatico".
Conclusione: Lo zelo nell’essere giudici, ipercritici degli altri è distruttivo sia per se stessi che per la testimonianza e l’intera comunità. Attenzione dunque; se vuoi togliere la pagliuzza dall’occhio di una persona, sii consapevole se hai una trave vai al Signore e toglila dopo, sarai pronto per aiutare gli altri.
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