sabato 3 ottobre 2015
MATRIMONIO E CELIBATO 1 COR. 7:1-40
Avendo in 1Corinzi 6:12-20, parlato delle relazioni illegittime tra uomo e donna, Paolo tratta ora delle relazioni legittime. In una lettera della chiesa di Corinto, gli erano state sottoposte varie questioni relative al matrimonio ed al celibato. Il lievito del Vangelo portato in mezzo alla corrotta società pagana di Corinto vi aveva fatto sentire la sua santificante influenza; e, come spesso accade, i convertiti, nel romperla coi loro passati disordini e nello studiarsi di conservarsi puri in mezzo ad un ambiente impuro, si spingevano oltre il segno. Il celibato non era egli, per il cristiano, il più sicuro baluardo contro la immoralità? E non farebbero meglio gli sposi cristiani di astenersi totalmente da ogni connubio carnale? I genitori che avevano ragazze nubili dovevano, sì o no, maritarle? E nel caso di separazione tra coniugi, o di matrimoni divenuti misti, qual era la condotta da tenere? A talune di queste domande l'Apostolo risponde in modo reciso, conscio com'è d'interpretare una regola divina; ad altre egli risponde con un semplice parere, cercando di tener conto delle circostanze quali gli apparivano in allora, ma riservando la libertà d'apprezzamento e di condotta di ciascuno.
In 1Corinzi 7:1-9 l'Apostolo dichiara che l'astinenza da ogni commercio carnale, per quanto sia bella in sè stessa, non si può consigliare se non a quei celibi che hanno il dono della continenza, ed in via eccezionale, ai coniugi che vogliono attendere per un tempo a preghiere speciali.
In 1Corinzi 7:10-24 egli insiste sul dovere dei cristiani di non rompere il vincolo matrimoniale ed, in genere, di perseverare nella vocazione terrena in cui li ha trovati l'appello divino.
In 1Corinzi 7:25-40 Paolo espone ai padri di famiglia le ragioni che, nelle attuali circostanze, gli fanno ritenere preferibile, per le loro fanciulle, la vita celibe; ed estende, in ultimo, il suo consiglio anche alle vedove cristiane.
1Corinzi 7:1-9 TUTTE LE REGOLA HANNO L'ECCEZIONE
L'astinenza da ogni commercio carnale, per quanto bella in sè, non si può consigliare se non ai celibi che hanno il dono di continenza, ed ai coniugi in casi eccezionali. La regola resta la vita coniugale normale.Quanto alle cose di cui mi avete scritto, In una lettera che sottometteva all'Apostolo diverse altre questioni 1Corinzi 8:l; 12:l; 16:1, egli [è] bene per l'uomo di non toccar donna, cioè di non aver con donna alcuna, relazione carnale, che d'altronde sono legittime solo nel matrimonio. Cfr. per l'espressione «toccar donna» Genesi 20:4,6; Proverbi 6:29. Girolamo forzava manifestamente il senso di questa frase quando scriveva a Gioviniano: «Se è cosa buona il non toccar donna, è dunque cosa cattiva il toccarla». Una tale conseguenza, oltre all'essere contraria al fatto della istituzione divina del matrimonio Genesi 2, vien ripudiata esplicitamente da Paolo colle dichiarazioni di 1Corinzi 7:9,28,36. «Se anche prendi moglie, tu non pecchi e se la vergine si marita non pecca». La parola di Paolo va interpretata non solo in armonia coll'insegnamento generale della Scrittura sul matrimonio, ma con quello dato altrove dallo stesso Apostolo 1Corinzi 11:3,12; Efesini 5:22-33; 1Timoteo 4:3. In ispecie, dobbiamo tenere conto delle spiegazioni ch'egli ne fornisce in questo captiolo 7. Gli si domanda dai Corinzi se non sarebbe meglio astenersi totalmente da ogni commercio carnale, ed egli, considerando le cose dal punto di vista della vita superiore dello spirito in cui ha da realizzarsi un giorno l'ideale umano, risponde: Sì: «è bene per l'uomo di non toccar donna». È bene, perchè a questo connubio carnale si connettono quasi inevitabilmente, nello stato presente, delle concupiscenze che tendono ad affievolire la vita spirituale di comunione con Dio Galati 5:16-17; 1Pietro 2:11; mentre l'astinenza assoluta può giovare a rendere più intensa la vita superiore. Cristo, il secondo Adamo ch'è spirito vivificante, ha dato l'esempio d'una vita perfetta nello stato di celibato. «I figliuoli di questo secolo sposano e son maritati; ma coloro che saran reputati degni d'ottenere quel secolo e la resurrezione dei morti, non si posano e non son maritati» Luca 20:34-36. Inoltre, il celibato offre il vantaggio di lasciare una maggior libertà per il servizio del Signore 1Corinzi 7:32-34; e, nei tempi calamitosi, risparmia al cristiano afflizioni ed angoscie 1Corinzi 7:26,29,40. Non è dunque da stupire se Paolo, che considera prossima la venuta del Signore Gesù, esprime il desiderio che tutti i credenti vivano nella totale astinenza, restando come lui, celibi. Però, ad una condizione: cioè che tutti abbiano il dono di continenza, poichè un'astinenza forzata sarebbe piena di pericoli morali. Nella pratica, siccome un tal dono è raro, e sono grandi le tentazioni che circondano i Corinzi, egli consiglia il matrimonio, e, nel matrimonio, la normale, per quanto casta, convivenza coniugale.
Ma, per cagion delle fornicazioni, per il pericolo d'esser travolti da una delle tante forme dell'immoralità dominante, ciascuno abbia la propria moglie, e ciascuna abbia il proprio marito.
La monogamia è la legge di creazione. Il marito renda alla moglie quel che le deve
in fatto di relazioni coniugali, e parimenti la moglie al marito.
Col divenire marito e moglie, essi hanno alienato una parte della loro libertà, ed in ispecie, non sono più i padroni assoluti del proprio corpo.
La moglie non è padrona del proprio corpo, bensì il marito; parimenti, anche il marito non è padrone del proprio corpo, bensì la moglie
che il cristiano non considera come proprietà nè come schiava del marito, ma come sua compagna. Da questi diritti reciproci dell'uno sull'altro, deriva il dovere della coabitazione coniugale.
Non vi private l'un dell'altro
per un malinteso spiritualismo,
a meno che non [lo facciate di comune accordo, per un tempo, onde vacare all'orazione
e tornare poi di nuovo insieme, che talora Satana non vi tenti a cagione della vostra incontinenza
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